Luigi Caccia Dominioni, architetto e designer, spicca come vivace interprete della tradizione milanese e lombarda ma anche come progettista sensibile nella ridefinizione del rapporto tra modernità e tradizione a tutte le scale, dal livello urbano (in particolare a Milano) alla scala dell’oggetto. La poltrona Catilina (1957) è, tra gli oggetti di design, un progetto certamente emblematico della suddetta attitudine del progettista a innovare mantenendo fermo il riferimento alla tradizione. Il contesto italiano del primo dopoguerra in cui Azucena si inserisce è già caratterizzato dalla presenza di aziende che, impegnate nel trovare risposte per un numero crescente di acquirenti, mantengono una produzione ibrida, artigianale e semimeccanizzata, spesso sperimentale, dove convivono armoniosamente le piccole serie o i pezzi unici “artistici” e le produzione seriali che si avviano a produzioni di tipo industriale. Azucena nasce dall’esigenza di produrre e mettere in commercio (attraverso un proprio punto vendita) arredi e complementi nati, originariamente, come pezzi site specific per arredare gli interni di edifici progettati dagli stessi fondatori.
Si tratta di design di piccole serie, da cui vengono selezionati solo alcuni elementi e fatti realizzare da maestranze specializzate. Frutto di un connubio armonioso tra maestria artigianale e sistema industrializzato, il processo di design di Azucena si fonda sulla selezione qualitativa dei materiali (poveri e pregiati), dai marmi agli ottoni, e sulle sperimentazioni e innovazioni tecnologiche su materiali e superfici. Azucena rappresenta dunque una delle aziende che concorrono felicemente alla creazione del “sistema design italiano”, mostrando come il radicamento al territorio e il ruolo della componente artigianale siano stati fondanti nella costruzione di una disciplina progettuale, il design, più largamente conosciuta dagli anni Cinquanta. Non a caso proprio a Luigi Caccia Dominioni è stato riconosciuto il Compasso d’Oro alla carriera (2008) per il suo “contributo oggettivo alla definizione stessa di cosa sia il design italiano e dell’originalità dei suoi contenuti”. Dall’ottobre 2018 il Gruppo B&B Italia – quest’ultimo marchio storico italiano fondato nel 1966 da Piero Ambrogio Busnelli, e da dicembre 2018 parte di Design Holding – ha siglato un accordo con gli eredi di Luigi Caccia Dominioni per produrre e distribuire in licenza esclusiva una riedizione di 20 prodotti disegnati da Luigi Caccia Dominioni. I prodotti Azucena tornati in commercio – alcune tra le icone del design italiano – esprimono appieno i tratti tipici di tutta la produzione aziendale: la padronanza del linguaggio formale, l’eleganza misurata e la raffinatezza mai scissa dal contenuto tecnologico e dalla funzionalità. La sedia Catilina (1957), per esempio, sintetizza un approccio che nella pulizia delle linee si apparenta alla lezione razionalista, allontanandosene però per sposare un recupero storicistico della tipologia romana sempre “a pozzetto” della seduta. La struttura realizzata in ferro, verniciato a fuoco, mostra la predilezione per un materiale “povero” ma potentemente espressivo: rievocando le ringhiere delle case popolari milanesi, la piattina in ferro, gentilmente curvata come fosse un nastro, funge da schienale e iconico bracciolo.
Realizzati per le sale del Club House di Monticello, il divano e la poltrona Toro (1973) sono oggetti ‘protagonisti’ che possono vivere anche al centro di una stanza e che, grazie ai terminali della struttura metallica che fuoriescono dall’imbottitura, possono essere agevolmente sistemati in diverse posizioni, configurando spazi interni flessibili.
Una parte della produzione di Caccia Dominioni esprime una riflessione sulla semplicità e sugli elementi archetipi: dalla rivisitazione delle forme dei classici arredi dei giardini italiani, ma anche dalla rilettura di affreschi dell’antica Roma o di pitture rinascimentali, nascono le sedute Nonaro (1959-1961) realizzate per i visitatori della Pinacoteca Ambrosiana; oggi declinata in versione outdoor, la collezione rappresenta la sintesi dell’incontro tra design, arte e storia, filtrata ancora una volta dai ricordi della villa familiare del progettista.
Evocazione della seduta per eccellenza, la poltrona – e oggi divano – ABCD (1960) propone un oggetto tradizionale connotato però da dettagli che lo rendono ben riconoscibile: dal piedino anteriore – quasi una miniaturizzazione di un elemento architettonico – che ospita la ruota, alla gentile curvatura terminale dello schienale imbottito e al motivo decorativo, al contempo funzionale, creato dalla sequenza delle borchie che fissano il rivestimento.
Essenzialità e purezza sono invece il registro usato nel disegno del tavolo – e oggi anche nei tavolini – Cavalletto (1947), memoria degli anni di studio trascorsi al Politecnico di Milano, distillata attraverso la sofisticazione dei dettagli e da un intento minimalista che eleva l’oggetto ad astrazione, ad archetipo del “buon design”.
A volte però nella produzione dell’architetto designer ci si imbatte in un guizzo, un’originalità misurata, come accade per lo spiazzante gioco di scale e proporzioni che caratterizza la seduta Chinotto (1973), una piccola poltrona informale, adatta a qualsiasi ambiente, che lascia spazio a una comodità inattesa.
O la semplice ma geniale lampada Poltrona (1979), da alloggiare sullo schienale di imbottiti o sulle testate dei letti, composta da una fascia in pelle, tenuta in posizione dai pesi inseriti nelle due estremità, che ospita un riflettore orientabile e un interruttore.
Tra le lampade però il tratto caratteristico, che connota anche il lavoro di altri noti architetti a lui coevi, è una chiara propensione verso la semplicità e la geometrizzazione delle forme; accade con Base Ghisa e Monachella (1953) entrambe estremamente funzionali ed eleganti, o nella lampada Imbuto (1953), rivisitazione della famosa tipologia del luminator, ma anche evocazione di un design anonimo presente in tutti gli interni domestici.
Eleganza mai ostentata, affetto per quegli oggetti che compongono il panorama domestico e sguardo vivace del progettista sono alcuni tra gli ingredienti che rendono i pezzi Azucena contemporanei e insensibili allo scorrere del tempo.
The name of the company Azucena, a historic Italian brand founded in 1947 by architects Luigi Caccia Dominioni, Ignazio Gardella and Corrado Corradi Dell’Acqua, among the leading protagonists of the Italian postwar design and architecture scene, was taken from the famousgypsy woman from Verdi’s opera Il Trovatore.
Luigi Caccia Dominioni, architect, designer and urban planner, stood out as a vibrant interpreter of the Milanese and Lombard tradition but also as a sensitive designer in his redefinition of the relationship between modernity and tradition at all scales, from the urban level (particularly in Milan) to the object. Among his design objects, the Catilina armchair (1957) is certainly emblematic of his aforementioned aptitude for innovation while paying tribute to tradition.
The Italy of the early postwar period in which Azucena was founded was already characterized by the presence of companies which, seeking to finding solutions for a growing number of buyers, maintained a hybrid, artisanal, semi-mechanised and often experimental production process in which limited series or “artistic” one-off pieces coexisted in harmony with serial products that were soon to be mass produced.
Azucena was born from a need to produce and market (through its own outlet) furniture and accessories that were originally created as site-specific pieces to furnish the interiors of buildings designed by the founders themselves. Limited edition designs, from which only a few elements were selected and made by skilled workers. The result of a harmonious combination of craftsmanship and mass production, Azucena’s design process was based on its selection of quality materials (humble and fine), from marble to brass, and on experimentation and technological innovations on materials and surfaces.
Azucena therefore happily contributed to the creation of the “Italian design system,” showing how deep local roots and the role of craftsmanship were key elements in the construction of the design discipline, which grew as a concept from the 1950s onwards. It is no coincidence that Luigi Caccia Dominioni was awarded the Compasso dOro Lifetime Achievement Award (2008) for his “objective contribution to the very definition of Italian design and the originality of its products. In October 2018, the B&B Italia Group – historic Italian brand founded in 1966 by Piero Ambrogio Busnelli and part of Design Holding since 2018 – signed an agreement with the heirs of Luigi Caccia Dominioni to produce and distribute, exclusively under license, re-editions of 20 products designed by Luigi Caccia Dominioni.
The Azucena products that have returned to the market – some of which icons of Italian design – fully express the typical traits of the company’s products: mastery of formal language, understated elegance and a sophistication that can never be separated from technological content and functionality The Catilina chair (1957), for example, embodies an approach that takes its inspiration from Rationalism in the cleanliness of its lines while at the same time distancing itself from this style to revisit the Roman-style tub chair: The frame in stove-enameled iron shows a predilection for a “poor” but highly expressive material: recalling the typical Milanese “case di ringhiera” (tenements with communal balcony), the iron plate, gently curved as if it were a ribbon, serves as a backrest and iconic armrest.
Made for the halls of the Monticello Club House, the Toro sofa and armchair (1973) are ‘prominent’ objects that also sit comfortably at the center of a room. Thanks to the terminals of the metal frame which protrude from the padding, they can also be easily arranged in different positions to create flexible interior spaces.
Part of Caccia Dominionis portfolio expresses a reflection on simplicity and archetypal elements: from a revisitation of the forms of classic Italian garden furniture, but also from a reinterpretation of Ancient Roman frescoes or Renaissance paintings, come the Nonaro chairs (1959-1961), made for visitors to the Pinacoteca Ambrosiana; now available in an outdoor version, the collection embodies the meeting between design, art and history, filtered once again by memories of the designer’s family villa.
Revisitation of the seat par excellence, the ABCD (1960) armchair – and now sofa – is a traditional object characterized by highly distinctive details: from the front foot – almost an architectural element in miniature – that houses the castor; to the gentle curve at the end of the upholstered backrest and the decorative yet functional motif, created by the sequence of studs used to fasten the upholstery.
Meanwhile, simplicity and purity are the key concepts of the Cavalletto table (1947) – and today also coffee tables – which recall the years he spent studying at Milan Polytechnic, conveyed in the sophisticated details and by a minimalist intent that elevates the object to an abstraction, the archetype of “good design”.
Sometimes, however, you also come across a flicker of measured originality in the architect-designer’s catalogue, as is the case with the disorienting series of scales and proportions that characterize the Chinotto seat (1973), a small, informal and surprisingly comfortable armchair suitable for any setting.
Or the simple but ingenious Poltrona lamp (1979), to fit to the backrests of padded furniture or on the headboards of beds, consisting of a leather band, held in place by weights inserted at either end, that houses an adjustable spotlight and a switch.
However, the characteristic trait of the lamps, a feature also common to the work of other well-known contemporary architects, is the clear propensity for simple, geometric forms; this is the case with Base Ghisa and Monachella (1953), both extremely functional and elegant, as well as the Imbuto (1953), a revisitation of the famous luminator lamp but also an evocation of an anonymous design present in all domestic interiors.
Understated elegance, affection for the objects of the domestic landscape and the vibrant approach of the designer are some of the ingredients that keep Azucena’s pieces contemporary and impervious to the passage of time.