FontanaArte

Proprio negli anni che vedono la nascita dell’azienda FontanaArte si sviluppa il dibattito sulle arti decorative anche in Italia, un po’ in ritardo rispetto ad altri Paesi europei, ma con esiti speciali

Il connubio e il difficile equilibrio tra arte e industria è sempre stato al centro di accese discussioni che, almeno a livello nazionale, hanno creato le felici condizioni per la nascita del design italiano. Quel design che trova una sua compiuta identità solo nel dopoguerra e in particolare nella prima metà degli anni cinquanta, ma trova la sua genesi in protagonisti, architetti-designer o artisti e imprenditori che hanno saputo abilmente coniugare il settore artigianale di eccellenza con le nuove possibilità offerte dall’industria.
FontanaArte, la cui storia affonda le radici ben prima dell’anno della sua nascita, rappresenta l’emblema di quel Made in Italy costruito su un tessuto imprenditoriale fatto di piccole e medie imprese che hanno serbato negli anni la loro identità. In particolare per l’azienda il suffisso “Arte” introdotto da Gio Ponti ben rappresenta l’idea di modernità aperta alla produzione di serie ma mai dimentica dell’identità artistica italiana.
Dal felice incontro tra un architetto, Gio Ponti, un brillante imprenditore del vetro in lastra, Luigi Fontana, e un artista e maestro nell’arte vetraria, Pietro Chiesa, nasce l’avventura aziendale di FontanaArte a Milano nel 1932.
Già nel 1881, la Società Luigi Fontana & C. nasceva nel segno dell’innovazione, configurandosi come una società di commercializzazione e lavorazione di lastre in vetro per usi edilizi fondata a Milano da Luigi Fontana, assieme a un gruppo di amici, inserendosi in un settore promettente per l’architettura, la decorazione e gli arredi moderni.
Specializzandosi nella lavorazione del vetro cristallo, nella produzione di specchi e nella produzione di vetrate artistiche policrome, l’azienda si occupa anche di lavorazioni come il taglio, la molatura, l’argentatura, la decorazione, la legatura e la curvatura del vetro.

I primi contatti tra Luigi Fontana e Gio Ponti, già direttore artistico presso la Richard Ginori e fondatore della rivista “Domus”, canale principale della divulgazione delle nuove idee moderne, sfociano nel 1933 nella creazione di un dipartimento specializzato in arredi moderni, che prende il nome di FontanaArte. La direzione, in un primo tempo affidata a Ponti, passa, su suo stesso suggerimento, a Pietro Chiesa, che con lui condivide la direzione artistica fino al 1935, mettendo a disposizione della nuova ditta FontanaArte le preziose maestranze della sua Bottega.
Di origini ticinesi, Pietro Chiesa apre a Milano nel 1921 una bottega dedita alla lavorazione del vetro. Entra a far parte del vivace ambiente culturale e artistico milanese, anche grazie alla partecipazione, nel 1923, all’associazione artistica “il Labirinto”, nella quale comparivano nomi prestigiosi come Gio Ponti, Tomaso Buzzi, Emilio Lancia, Michele Marelli, Paolo Venini e Carla Visconti di Modrone. Distintosi per le sue doti di creativo, Chiesa è un “raffinato”, uomo colto e ironico che l’amico Ponti definirà – in un articolo di commiato nel 1949 – un “curioso, goloso, umorista buongustaio tipico”.
La Bottega di Pietro Chiesa S.A. svolge sia l’attività “in proprio” sia quella rivolta all’esecuzione, tecnicamente perfetta, di vetrate su cartoni dei maggiori artisti dell’epoca.

La produzione di Chiesa, negli anni della sua direzione artistica per FontanaArte, protrattasi fino al 1948, sarà molto prolifica, tanto da contare circa un migliaio di oggetti diversi, lampade, mobili, piatti, scatole, cornici, specchi, sculture e vetrate. Tra questi pezzi almeno due, ancora oggi in produzione, testimoniano l’attualità delle proposte dell’epoca e la loro originalità espressiva; si tratta dell’imperituro vaso Cartoccio (1932) e dell’apparecchio a luce indiretta Luminator (1933): una lampada a corpo unico che condensa contenuti tecnici in una immagine di assoluta essenzialità.
Se Gio Ponti svolge un indiscutibile ruolo come promotore culturale nella divulgazione dei temi legati alla cultura del progetto e nel traghettare le arti decorative verso il nascente design industriale, non è da meno il suo iniziale contributo come designer; a lui si devono alcune tra le opere rappresentative della nuova azienda: la lampada Bilia (1932), di estrema semplicità formale, la cui geometria ricorda i primi vagiti sperimentali dell’incontro tra progettisti e industria, o le lampade della serie Pirellone e Pirellina (1967) che utilizzano una coppia di lastre di vetro curvato trattenute alle estremità da due elementi metallici e richiamano nella forma l’omonimo grattacielo pontiano. Dopo la guerra e a seguito della ricostruzione dello stabilimento milanese, è ancora Gio Ponti a suggerire il successore di Pietro Chiesa – mancato prematuramente – introducendo un decoratore e maestro vetraio francese, Max Ingrand, cui si deve il nuovo orientamento Déco dell’azienda. Tra le icone ancora in commercio a firma di Ingrand, la famosa lampada modello 1853 (oggi rinominata Fontana) rappresenta la trascrizione archetipica della tradizionale abat-jour realizzata totalmente in vetro e monocroma.

Oltre la modernità
Dalla fine degli anni Settanta la direzione artistica viene affidata a una donna architetto, Gae Aulenti, che aderendo al movimento Neo-Liberty aveva già espresso una posizione chiara contro il rigore del razionalismo. Aulenti si fa interprete di una visione che, pur considerando la storia, coglie nella sperimentazione di nuovi linguaggi, fondati sull’innovazione tecnologica del settore della vetraria industriale, la chiave per dare continuità identitaria all’azienda.
In un periodo di forte affermazione della cultura estetica italiana, gli anni Ottanta segnano per l’azienda il momento di importanti collaborazioni: con Pierluigi Cerri, impegnato nel progetto per l’identità visiva, ma anche con giovani designer come Franco Raggi e Daniela Puppa, o ancora con Piero Castiglioni, già noto progettista illuminotecnico. Della stessa Gae Aulenti sono alcuni tra i best seller del catalogo FontanaArte: la lampada Giova (1964), il Tavolo con ruote (1980) ancora una volta un oggetto semplice, ispirato alla quotidianità che raggiunge lo status di icona, e il tavolo Tour (1993).

Gli anni 2000 e l’attualità
Grazie alla costante collaborazione con architetti e designer, e attraverso l’attenta direzione artistica di Francesco Librizzi, l’azienda, che dal 2016 è entrata a far parte di ItalianCreationGroup, ha continuato a perseguire l’impegno di una elaborazione in chiave contemporanea dell’eredità dei suoi storici protagonisti.
FontanaArte in un percorso costellato di successi ha continuato ad abitare gli interni domestici unendo l’innovazione tecnologica alla raffinatezza delle forme in lampade da tavolo come Volée, di Odoardo Fioravanti (2015), alimentato a Led di ultima generazione, o riecheggiando la tradizione in oggetti illuminanti come Pinecone, di Paola Navone (2016) realizzata con l’antica tecnica del vetro soffiato ingabbiato, o ancora esplorando l’eleganza minimalista con la lampada da parete a doppia emissione IO del talentuoso studio Claesson Koivisto Rune (2017).
Con la collezione Equatore (2017) Gabriele e Oscar Buratti danno vita a una reinterpretazione in chiave contemporanea delle classiche lampade con paralume in vetro (rievocando Ingrand). Le recenti collezioni FontanaArte si concentrano sulle possibilità formali innovative offerte dalle nuove fonti di alimentazione, come i Led. La parabola di FontanaArte nella sua congenita relazione con il vetro rappresenta un emblematico esempio del valore dell’heritage che, lontano da mere pratiche imitative, diventa generatore di nuove creatività.

The birth of the FontanaArte company coincides exactly with the moment the debate on decorative arts also begins in Italy, a touch later than other European countries, but with special results

The union and difficult balance between art and industry has always been the topic of heated debates that, at least nationally, have created the happy conditions for the birth of Italian design. That design that finds its true identity only in the post-war period and in particular in the first half of the fifties but finds its genesis in protagonists, architect-designers or artists and en-trepreneurs, who have been able to skilfully combine the excellent artisan sector with the new possibilities offered by industry. FontanaArte, with roots well before the year of its establishment, represents the emblem of that Made in Italy built on an entrepreneurial fabric made up of small and medium-sized companies that have retained their identity over the years. In particu-lar; for the company the suffix “Arte” (Art) introduced by Gio Ponti is a good representation of the idea of modernity open to standard production but without ever forgetting the Italian artistic identity. From the happy encounter of an architect, Gio Ponti, a brilliant entrepreneur of sheet glass, Luigi Fontana, and an artist and master in glass art, Pietro Chiesa, the FontanaArte’s business venture began in Milan in 1932. The innovative company Luigi Fontana & C. had already been founded in 1881 by Luigi Fontana, together with a group of friends, establishing itself as a company for marketing and processing of sheet glass for building uses founded in Milan, entering a promising sector for architecture, decoration and modern furnishings. Specialising in working crystal glass, the production of mirrors and the production of polychrome artistic glass, the company also handles other processes such as glass cut-ting, grinding, silvering, decoration, binding and ben-ding. The initial contacts between Luigi Fontana and Gio Ponti, former artistic director at Richard Ginori and founder of the magazine “Domus”, the main channel for spreading new modern ideas, led in 1933 to the creation of a department specialising in modern furni-shings, which took the name of FontanaArte. Management was initially entrusted to Ponti, who then passed it on to Pietro Chiesa who shared artistic direction with him until 1935, making available to the new company FontanaArte his workshop’s valuable workers. Descending from a Ticino family, Pietro Chiesa opened a glass workshop in Milan in 1921. He joined Milan’s lively cultural and artistic scene, also thanks to his partici-pation, in 1923, in the artistic association “il Labirinto”, in which prestigious names such as Gio Ponti, Tomaso Buzzi, Emilio Lancia, Michele Marelli, Paolo Venini and Carla Visconti di Modrone appeared. Distinguished by his creative skills, Chiesa was a “refined”, cultured and ironic man that his friend Ponti would define – in a farewell article in 1949 – as a “curious, greedy, humorous typical gourmet”.

The Bottega di Pietro Chiesa S.A. carried out both its “own” activity and that focused on creating technically perfect stained-glass windows from cartoons by the greatest artists of the time. The production of Chiesa, in the years of his artistic direction for FontanaArte, which lasted until 1948, would be so prolific to count about a thousand different objects, lamps, furniture, plates, boxes, frames, mirrors, sculptures and stained-glass windows. Among these pieces at least two, still in pro-duction, testify to the topicality of the proposals of the time and their expressive originality; these are the imperishable Cartoccio vase (1932) and the indirect light fixture, Luminator (1933): a single-body lamp that condenses technical contents into an image of absolute essentiality. If Gio Ponti played an indisputable role as a cultural promoter in the spreading of themes related to the culture of the project and in ferrying the decorative arts towards the nascent industrial design, it is no less his initial contribution as a designer; to him we owe some of the representative works of the new company: the Bilia lamp (1932) of extreme formal simplicity whose geometry recalls the first experimental stirrings of the meeting between designers and industry or the lamps of the Pirellone and Pirellina series (1967) that use two pieces of curved glass held at the ends by two metal elements and recall in shape the homonymous Pontian skyscraper: After the war and following the reconstruction of the Milan plant, it was Gio Ponti to again suggest Pietro Chiesa’s successor – who died prematurely – introducing a French decorator and master glassmaker; Max Ingrand, responsible for the company’s new Deco orientation. Ingrand’s icons still on the market include the famous lamp model 1853 (now renamed Fontana) that represents the archetypal transcription of the traditional abat-jour made entirely of glass and monochrome.

Beyond modernity
From the late 1970s, the artistic direction was entrusted to a female architect, Gae Aulenti, who, by joining the Neo-Liberty movement, had already expressed a clear position against the rigor of rationalism. Aulen-ti interpreted a vision that, while considering history, captured in the experimentation of new languages, based on the technological innovation of the industrial glass sector; the key to give identity continuity to the company.
In a period of strong affirmation of Italian aesthetic culture, the eighties marked for the company the moment of important collaborations: with Pierluigi Cerri, engaged in the project for visual identity, but also with young designers such as Franco Raggi and Daniela Pup-pa, or even with Piero Castiglioni, already a well-known lighting designer: Gae Aulenti produced some of the best sellers of the FontanaArte catalogue: the Giova lamp (1964), the Table with wheels (1980) once again a simple object, inspired by everyday life that reaches the status of icon, and the Tour table (1993).

From the 2000s to today
Thanks to continual collaboration with architects and designers, and through the careful artistic direction of Francesco Librizzi, the company which since 2016 has been part of ItalianCreationGroup, has continued to pursue the commitment of a contemporary elaboration of the legacy of its historical protagonists.
FontanaArte during its highly successful journey has continued to inhabit domestic interiors combining technological innovation with the refinement of shapes in table lamps such as Volée, by Odoardo Fioravanti (2015), powered by the latest generation of LEDs, or echoing the tradition in illuminating objects such as Pinecone, by Paola Navone (2016) made with the ancient technique of caged blown glass, or even exploring the minimalist elegance with the double emission wall lamp 10 by the talented studio Claesson Koivisto Rune (2017). With the Equatore collection (2017) Gabriele and Oscar Buratti give life to a reinterpretation with a modern twist of the classic lampshades with glass shade (recalling Ingrand). The recent collections by Fonta-naArte focus on the formal innovative possibilities offered by the new power sources, like Leds. The parable of FontanaArte in its congenital relationship with glass represents an emblematic example of the value of heritage that, far from mere imitative practices, becomes a generator of new creativity.

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