Russo, cosmopolita. Fotografo, illustratore, scenografo, collezionista. Un catalogo a cura di Susanna Brown, edito da Moebius Edizioni, e una mostra a Palazzo Reale di Milano dal 21 gennaio al 18 maggio 2025, fanno riemergere un artista proteiforme
“All’inizio di questo progetto ci sono tre elementi: un archivio, lasciato al caro amico Horst P. Horst, le stampe al platino-palladio e una esplorazione della società femminile, di indiscutibile rilevanza.
George Hoyningen – Huene (San Pietroburgo 1900 – Los Angeles 1968) è autore che ha saputo catturare l’essenza di una epoca e proiettare la fotografia verso nuove dimensioni creative, con uno stile intelligente del tempo vissuto dall’artista, incurante delle avanguardie del periodo, ma non per questo attardato.
Si cercava assieme a Giulia Fortunato, Amministratore unico di CMS.Cultura, e Tommaso Sacchi, Assessore alla Cultura di Milano, un progetto di alto valore culturale, promosso per celebrare uno dei più grandi talenti di sempre della fotografia e quei rimandi eleganti della moda degli anni 20’ e 30’ che catturavano lo stile delle case di moda Haute Couture di Parigi, tra cui Chanel, Balenciaga, Schiaparelli e il gioielliere Cartier”.
Cosi racconta Susanna Brown, scrittrice e curatrice specializzata in fotografia, ritrattistica e moda, con una grande vocazione di ricercatrice, capace di scavare negli archivi George Hoyningen- Huene Estate, che si occupa dello studio, conservazione, valorizzazione e promozione delle opere di questo straordinario autore, con una fortuna sfacciata di uno Schliemann a Troia.
Così ha cominciato a studiare la vita di quest’artista, che nasce e cresce in una ricchissima famiglia nella capitale zarista, il padre il barone Barthold Theodor Hermann von Hoyningen- Huene era un nobiluomo baltico di origine tedesca e signore della tenuta di Navesti nell’Estonia centrale, e la madre Anne “Nan” Lothrop, figlia di George Van Ness Lothrop, uomo politico del Michigan che nel 1885 era stato nominato inviato straordinario e Ministro plenipotenziario presso la corte russa di Alessandro III.
George Hoyningen-Huene segue una precoce vocazione artistica stimolato dagli ambienti di famiglia a San Pietroburgo, che si trovavano nelle scuderie imperiali, una serie di edifici neogotici simili ad un castello medievale in pietra, vicinissimi al Palazzo d’Inverno e dalla osservazione delle donne che scintillavano sotto i lampadari di cristallo con diafane creazioni di Chéruit, Paquin e Poiret.
Con la Rivoluzione, dopo essere stato interprete nel Corpo di spedizione britannico, che lo porto di nuovo in Russia del Sud, dove patì gravi stenti e corse un serio pericolo, George Hoyningen-Huene raggiunse prima la Costa Azzurra e poi Parigi, per riunirsi con le sorelle a Parigi.
Lì nei primi anni Venti accettò vari lavori occasionali, per esempio come comparsa cinematografica, essendo uno dei pochi giovani in possesso di uno smoking, tale che era molto richiesto per le scene di massa ambientate in feste, oppure teatro.
Come molti profughi russi appartenenti alla classe privilegiata, i fratelli Huene non erano preparati ad una professione specifica, ma ora lavorare era diventato una necessità. Per le eleganti sorelle Helen e Betty, un impiego nel settore della moda parigina sembrava scelta più ovvia.
Helen trovò lavoro come sarta e Betty lanciò la maison Yteb, per cui Huene produsse un logo di ispirazione cubista di grande impatto, e aiutò l’ufficio stile, anche a disegnare alcuni capi di abbigliamento.
La qualità dei suoi disegni gli valse altro lavoro come figurinista e commissioni di illustrazioni di moda per altre riviste tra cui “Vogue”, “Le Jardin des Modes” e “Harper’s Bazaar”.
Iniziò anche a disegnare i fondali per le fotografie di moda nello studio parigino di “Vogue” dove, nel 1926, fu incaricato in prima persona di elaborare degli scatti, a cui fa seguito la collaborazione con “Vanity Fair”, producendo immagini variamente ispirate ai movimenti artistici e moderni.
Durante le années follies, con l’economia francese in pieno boom, Parigi divenne la capitale culturale del mondo e molte persone assetate di piacere arrivarono in nave dall’America del proibizionismo, attirati dalla prospettiva inebriante di mescolarsi con artisti e intellettuali.
E proprio attraverso una attenta lettura dei diari di Virgil Thomson, si può dedurre che Huene, proprio a Parigi, incontrò Man Ray, che gli insegnò i rudimenti della fotografia, per poi chiamarlo come collaboratore alla produzione di un portfolio delle più belle donne di Parigi, dove ognuna nella posa doveva simboleggiare un diverso tema ornamentale femminile, con gioielli, pellicce e piume.
I diari, descrivono anche, i momenti di intrattenimento che si svolgevano ogni sera nei bar eleganti e nei famosi locali notturni della città, come le Follies Berges e il Thèatre des Champs – Elysèes. E da queste frequentazioni con Pablo Picasso, Francis Picabia, Ganna Walska, Igor Stravinskij, Coco Chanel, Bèbè Berard, Jean Cocteau, Josephine Baker, Suzy Solidor, e la drag Barbette, al giovane Huene gli furono commissionati progetti.
Nel frattempo nella fumosa Berlino degli anni 30, Huene conosce Horst P. Horst, intrattenendo prima una frequentazione prima come amanti e poi nel definirla come coppia di fatto, che li porterà a viaggiare in Italia e in Grecia, fine a costruire una casa di villeggiatura, come proprio rifugio dalla vita di città nella cittadina di Hammamet, chiamata Dar Essurur “Luogo di pace”.
Nel 1935 Huene lasciò Condè Nast, dopo una divergenza relativa al contratto, e si mise a fotografare per “Harper’s Bazaar” a Parigi, dove presto imparò a padroneggiare i nuovi processi fotografici a colori.
I lunghi viaggi in America e Messico offrirono a Huene una tregua dalle richieste pressanti delle fotografie delle riviste e dalla difficoltà di lavorare con la macchina fotografica di grande formato, utilizzando invece la Rolleiflex, più leggera e portatile.
Nel 1946 Huene viene naturalizzato americano e l’anno seguente si trasferisce nella California del Sud, dove ottenne un posto da insegnante presso l’ArtCenter School di Los Angeles, trasferimento che fu incoraggiato da un altro degli amici che aveva in città, George Cukor.
Dal 1953 circa in poi, il fotografo lavorò come coordinatore del colore di Cukor e per altri registi di Hollywood.
Il risultato di tutto ciò, fu quello di incontrare tutto la star system cinematografico siglando rapporti di lavoro e amicizia, come Joan Crawford, Cary Grant, Katherine Hepburn, Viviene Leigh, Christopher Ishwerwood, Don Bachardy e una giovanissima e apprezzata Sofia Loren.
Attraverso questa esposizione a Palazzo Reale di Milano, che celebra i 125 anni dalla nascita del fotografo, condensata in dieci sezioni a tema per poter ammirare i vari passaggi chiave della vita dell’artista.
E’ una totale immersione in un’atmosfera di bellezza e di incanto atemporale, ma soprattutto si può respirare quel senso d’armonia e d’equilibrio del primo anni del Novecento, due qualità che sono esaltate nelle magnificenza delle stanze dell’Appartamento dei Principi del Palazzo Governativo di Milano, in cui l’allestimento delle 100 fotografie esposte dialogano silenziosamente con i cicli decorativi raffiguranti Apollo, Atena, Zeus, Afrodite, Tersicore e Calliope, l’arte, la musica e la poesia.